in un angolo della siepe tetra, folta, prepotente, dura. dura ancora il respiro di un passante fiore giallo dai petali appuntiti. non è delicato nemmeno quello, ma non ci vuole molto a riconoscerlo bello. eppure la polvere, la rupe, la pietra e le spine intorno possono soffocare ogni sfogo di luce. ma è là, senza un campo perfettamente curato a far da cornice. né un vaso della dinastia dei ming a contenere la sua agonia. né una festa di fiori colorati a distrarlo quando è triste. senza nemmeno un mare azzurro oltre il dirupo, almeno in lontananza. no. il più brutto dei pendii di colline aride e oscure.
eppure. sopravvive.
gli insetti si fermano tutti per un attimo e vanno. faide di ratti lo sfiorano e gli lasciano ogni tanto uno sguardo silenzioso di rispetto. forse ammirazione. forse un riflesso di speranza.
a sera quando chiude i suoi petali sogna il suo polline spargersi per primavere lontane. una lacrima dolce li sigilla. fino alla prossima mattina.
il piccolo fiore giallo acceso in campo verde scuro si avvale di un unica variante forse, come un eroe dell’Orlando Furioso, ricominciare tutto daccapo?
Bella, bella la tua scrittura; “il vaso della dinastia dei ming” poi è strepitoso.
[ grazie! …di “a capo” è pieno ogni libro, ogni capitolo, ed ogni paragrafo ne ha almeno uno, no? 🙂 ]
è bello il tuo daccapo?
giallo acceso?
[ la frase che vi comincia lo colora.. tutte le tinte si scoprono strada facendo ]